Fotovoltaico innovativo a basso costo: perché provare a produrlo in Italia
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Fare concorrenza al fotovoltaico cinese: è possibile, in che modo, con quali prospettive per il mercato europeo?
A questa domanda, vecchia di qualche anno, inizia a esserci qualche risposta un po’ più ottimista che in passato, grazie alle iniziative che coinvolgono diversi partner scientifici e industriali per creare una filiera produttiva del solare fotovoltaico nel vecchio continente.
L’obiettivo del progetto AMPERE, finanziato da Bruxelles con 14 milioni di € nell'ambito del programma Horizon 2020,è realizzare moduli fotovoltaici innovativi nello stabilimento catanese di 3SUN.
Con Mario Tucci, responsabile del Laboratorio Tecnologie Fotovoltaiche ENEA, abbiamo approfondito le caratteristiche di questo piano e le sfide che comporta.
Dottor Tucci, che “rivoluzione” si prospetta nello stabilimento catanese di 3SUN?
Il progetto prevede di convertire buona parte dell’attuale produzione 3SUN di celle tandem con strati di silicio amorfo e micro-cristallino, allo sviluppo di celle a etero-giunzione con film sottilissimi di silicio amorfo di 10-15 nanometri, che garantiranno un’efficienza del 23% circa. La loro struttura bifacciale, inoltre, permetterà di catturare molta più luce solare, non soltanto quella diretta ma anche quella diffusa, riuscendo così a incrementare la resa energetica complessiva.
A quanto ammonterà la capacità produttiva iniziale e finale?
Il primo passo è installare una linea produttiva pilota da 100 MW/anno di capacità entro il 2019, per poi salire gradualmente a 250 MW e arrivare a 1 GW su tempi più lunghi.
Qual è l’aspetto più innovativo del progetto?
Le celle a etero-giunzione sono già in commercio: c’è un solo marchio, Panasonic, con un ottimo prodotto sul mercato che arriva al 23% di efficienza di conversione fotovoltaica, a fronte però di un prezzo elevato, nell’ordine di 1 €/Wp. La nostra sfida, l’aspetto più innovativo, è avviare una linea di grandi volumi a basso costo, con economie di scala crescenti. I costi produttivi iniziali con la linea da 100 MW dovrebbero attestarsi a 0,48 €/Wp, diminuendo a 0,42 e anche di meno nelle fasi successive.
Con quali tecnologie potrete ottenere queste riduzioni di costo?
Stiamo operando su vari fronti. Una prima strategia è ridurre il più possibile l’utilizzo di metalli costosi, soprattutto l’argento, negli elettrodi e nelle connessioni delle singole celle, arrivando a sostituire l’argento con il rame. Un altro aspetto essenziale è la lavorazione del silicio: bisogna tagliare fette sempre più sottili, i wafer, da ogni lingotto, diminuendo così gli sprechi di materiale. Infine, è indispensabile automatizzare il più possibile le linee produttive.
La concorrenza del fotovoltaico cinese è fortissima: come avete pensato di batterla?
Bisogna puntare a un pannello fotovoltaico di qualità elevata, perché la fascia medio-bassa del mercato, dominata dalle produzioni cinesi con efficienze medie dei moduli del 15-16%, non può essere vincente per la filiera europea e italiana. La qualità è fondamentale anche per l’affidabilità: nelle produzioni standard l’efficienza dei moduli tende a degradare abbastanza velocemente, mentre le nostre celle saranno molto più stabili, con un tasso di degrado delle prestazioni inferiore allo 0,5% annuo, in quanto basate su silicio “drogato” mediante fosforo invece che boro, tipico dei processi produttivi di massa.
Quindi, secondo lei, la filiera europea del fotovoltaico potrà ripartire, con quali prospettive?
Questo progetto può essere un volano, per far ripartire una filiera industriale innovativa e a costi contenuti di moduli fotovoltaici nel nostro continente, attirando anche l’interesse delle aziende italiane ed europee che lavorano il silicio, in modo da completare la catena del valore. Nel fotovoltaico la fase di ricerca e sviluppo è sempre progredita, nulla è morto ma solo in stand-by, si tratta di rimettere in circolo le competenze e avviare nuove produzioni competitive con il resto del mondo.
Un ultimo cenno alla perovskite: pensa che avrà un futuro?
La perovskite rappresenta un ambito della ricerca molto interessante, ma prima di 15 anni è impensabile immaginare di produrre celle con questo materiale, o in tandem con il silicio. Non si può passare dalle sperimentazioni di laboratorio al mercato in tempi ristretti, inoltre la perovskite presenta una serie di problemi. Ad esempio, la sua stabilità è molto inferiore a quella del silicio. E poi nella perovskite c’è il piombo, che si sta cercando di sostituire con il bromo, ma finora senza grandi risultati.
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